venerdì 23 novembre 2007

Pollice Verso

Mentre l’ormai ex presidente Emile Lahoud proclama lo stato d’emergenza, le strade di Beirut non sono vuote, certo è venerdì sera e non c’è quel viavai solito, ma la gente esce ugualmente in strada in quello che doveva essere il giorno fatidico.

Mentre a Baabda la banda suona l’inno nazionale per salutare ufficialmente il tanto discusso presidente, in altre zone della città sono i fuochi d’artificio a segnare il ritmo. In questo caso celebrano la sua partenza. A Tarek Jdide ballano e cantano, e probabilmente sperano che i vicini di Dahiyye sentano la loro felicità, la loro vittoria.

Pirro, re dell’Epiro. Nessun vinto e nessun vincitore. La formula magica libanese. La situazione di ennesimo stallo si risolverà solo quando entrambi i contendenti potranno entrambi festeggiare, nello stesso momento, la vittoria. Tutti vincitori. Qualcosa riusciranno a inventarsi nei prossimi giorni. È l’unico modo per non deludere i propri sostenitori ed azionisti, e non servirgli sul piatto una sconfitta. Qualcuno perderà però.

I libanesi sono stanchi. È una vita di sussistenza. Programmi se ne possono fare, ma non a lunga scadenza. Domani. Domani cosa succederà? Si metteranno d’accordo o le mani addosso?

Molti si aspettavano che almeno oggi 23 novembre la situazione di stallo finisse, almeno momentaneamente. Ieri pensavano che qualcosa oggi sarebbe dovuto accadere, avrebbero deciso qualcosa, le acque si sarebbero smosse, nella buona o nella cattiva sorte. È logorante aspettare che succeda qualcosa. Boukra.

Coloro che rigettano la logica del “con noi o contro di noi” che caratterizza la politica libanese, e non si schierano con nessuno dei due schieramenti, sono i più colpiti. Non esistono ufficialmente e non sono accettati socialmente. Sono guardati da occhi increduli. Semplicemente gli altri non lo considerano possibile che una persona non possa schierarsi con uno dei due blocchi.

Sfortunatamente sono una minoranza e non riescono ad essere una massa critica. Difficile esprimersi, è estenuante la posizione in cui ti ritrovi, la politica, il potere, la battaglia per il potere permea la vita quotidiana.

Esclusi. Non fanno parte di una comunità specifica, né di un’etnia e non parlano un dialetto differente. È difficile riconoscerli, non portano stemmi né bandiere. Non formano parte di organizzazioni civili o religiose. Solo parlandoci riesci finalmente a capire che non tutti i libanesi fanno parte del gioco.

Un gioco che sta diventando sempre più pericoloso, e rischia di sfuggire dalle mani dei giocatori seduti al tavolo. Ma la lama non è a doppio taglio.

Quelli che pagheranno non hanno un soprannome, un titolo guadagnato in guerra o un’onorificenza nei loro nomi. Loro hanno solo sentito parlare, anche se quotidianamente, del bey, dell’hakim, del raiss, del sayedd e del general. Ai molti invisibili. Decisamente senza la voce necessaria per contrastare il muro di gomma.

Nel giorno in cui tutti i riflettori nazionali, regionali, internazionali e globali sono sintonizzati sulla “crisi” libanese e la continua diatriba dei suoi politici, in grado in un attimo di secondo di mettere il pollice verso sul futuro della popolazione, è giusto dare a loro la luce dei riflettori.

Nello "storico" giorno in cui si discute "il futuro del paese" e si cerca di allontanare lo spettro del "vuoto politico", bisognerebbe pensare a queste figure con un volto che si confonde con quello di tutti gli altri, ma senza una voce che vorrebbe dire qualcosa di diverso.

mercoledì 21 novembre 2007

Global Warming

Niente festa dell’indipendenza domani 22 novembre. Il generale Michel Suleiman si è rivolto ieri ai propri soldati invitandoli a non prendere posizione di fronte ai possibili disordini che potrebbero aver luogo nel caso non si raggiunga il consenso sul nuovo Presidente della Repubblica, ma di vigilare in nome delle istituzioni nazionali.

Nella convulsa giornata di ieri NowLebanon, un’agenzia libanese decisamente schierata col blocco del 14marzo, ha spezzato la tensione e verso sera ha riportato la breaking news che Kouchner dichiarava ufficialmente posticipate le elezioni presidenziali a venerdì.

Kouchner. Kouchner che annuncia l’ennesimo spostamento delle elezioni presidenziali.

Sembra encomiabile il lavoro che il ministro francese sta svolgendo in queste settimane in Libano per portare il paese verso la stabilità. Se ne occupa come se fosse il suo figlioletto malato che pronto dovrà affrontare una difficile operazione. Va in Francia e torna dopo pochi giorni. A volte si ferma a salutare i vicini, oppure manda qualcun’altro. Questa volta Kouchner ha deciso che si fermerà fino alla fine, fino all’elezione, o perlomeno fino al 24.In effetti non è certo che ci sia un’elezione. Ma il fatto che sia stato lui ad annunciare da Bkerke, sede del patriarcato maronita, lo spostamento della sessione presidenziale lascia come un sapore fin de siècle Beirut. O meglio, dà il polso di come nel Libano di questi giorni sia ormai difficile trovare una figura che possa parlare, pacatamente, in nome di tutti.

Fino a poco tempo fa, in quanto “padrone di casa”, questo ruolo era riservato a Berri, il portavoce del Parlamento e leader di Amal, che non ci ha messo molto tempo ieri a dare l’annuncio ufficiale.

Ma proprio ieri l’ex “demiurgo” Nabih Berri è pure lui finito sotto accusa, insieme a Saad Hariri, coloro che sembrano i portavoce dei due blocchi in conflitto. Lo “squalo ferito” di Rabieh, si legga Michel Aoun, si è avventato contro il rappresentante sunnita e quello sciita, accusandoli direttamente di manipolare le prerogative della comunità cristiana, in uno slancio che cercava di muovere i più infimi orgogli settari.

Ma in Libano, per quanto ci si sforzi di negarlo, non sono solo i sentimenti comunitari che smuovono le acque. Di certo aiutano, ma la brama di potere è molto più grande. Il potere sembra l’unico toccasana contro i mali del confessionalismo politico. Una ong potrebbe nascere presto.

Intanto è global warming. Tutti si affrettano a parlar con tutti e si è perso il conto di chi ha visto chi. Difficile sarebbe essere nei panni di quella task force che si occupa di raccogliere tutte le informazioni su tutti gli incontri e passarle poi al proprio rappresentante. Perchè no, lo scontro pubblico non è fra due o più candidati alla presidenza. Loro stanno pressoché nell’ombra. Solo Aoun vorrebbe sfidarli tutti uno per uno a suon di guanti in faccia. Ma il gioco non funziona così. (un gioco simile apparso online è stato da poco censurato www.doumagame.com)

Amr Moussa, il segretario generale della Lega Araba, ha avuto rassicurazioni da Emile Lahoud, Hariri si è incontrato a Mosca con Putin, dove ha avuto ulteriori rassicurazioni sugli sforzi del Cremlino. Il presidente francese Sarkozy ha chiamato al telefono Bashar al Assad, da considerarsi un evento storico, considerati i rapporti tesi fra Francia e Siria dopo l’omicidio Hariri. Due inviati francesi hanno raggiunto allo stesso tempo Damasco personalmente, e Teheran ogni tanto dice la sua sulla situazione in Libano. Kouchner sembra che abbia chiamato al telefonino il ministro D’Alema durante una riunione italo-tedesca, per aggiornarlo sugli ultimi sviluppi della situazione libanese, e sembra che la Merkel gli abbia fatto i più sinceri auguri.

I falchi americani sembrano invece silenziosi. Le opzioni sono due. Hanno dato via libera alla Francia in Libano, oppure stanno preparando meticolosamente l’happening di Annapolis, in programma il 27 novembre, che dovrebbe riportare sui binari il processo di pace in Medio Oriente, ma che molti danno già come morto in partenza.

In ogni modo bisognava aspettarselo che la situazione si sarebbe risolta (trapela ottimismo dalle parole dell’autore) nelle ultime ore dell’ultimo giorno. Nel gioco al rialzo degli ultimi due anni, con tante questioni ancora aperte sul tavolo, sembrava improbabile che il nuovo presidente libanese potesse uscire da una pacata sessione del parlamento.

Venerdì è l’ultimo giorno disponibile. Accorrete numerosi.

Come sarà la notte di venerdì? Ci sarà un presidente di consenso? E saranno tutti contenti di tal consenso? A risposta affermativa, si riverseranno tutti nelle strade della capitale per sbloccare (momentaneamente) una tensione che dura da troppo tempo. A risposta negativa, o nel caso di un presidente di maggioranza, probabilmente si riverseranno in strada ugualmente, ma non saranno le stesse persone forse, e probabilmente avranno uno spirito, diciamo, più “guerresco”?

Il bellone francese, che in una delle sue ultime apparizioni a Beirut si era fatto riprendere a un matrimonio libanese ballando compostamente debke, potrebbe essere ancora qui venerdì notte. Nel caso si raggiunga il consenso, giurerei che potremmo vederlo ballare come un giovanotto questa volta, scandendo il ritmo del debke come un forsennato posseduto dallo spirito della danza araba.

Michel Hayek aiutaci tu. Vogliamo tutti vederlo ballare, please.

domenica 18 novembre 2007

Tutti in lista!

Conoscendo, non personalmente fortunatamente, l’irascibilità del generale più famoso del Libano, credo proprio che le parole rilasciate sabato da Massimo D’Alema durante la sua visita a Beirut, abbiano non poco alterato il comandante delle “truppe” arancioni di Rabieh.

Come se non fosse già abbastanza propagato in Libano e nella regione il profilo napoleonico di Aoun, ci volevano solo le parole di D’Alema per lanciarlo nel mondo globalizzato. Il nostro generale avrà pensato ieri notte prima di spegnere la luce della sua stanza, che forse ormai sarebbe meglio cambiare il proprio profilo napoleonico in uno più donchisciottiano, ed intraprendere già dall’indomani una epica lotta contro i temuti mulini a vento.

La Reuters riporta così le parole di Massimo D’Alema: "The negotiations are hitting a particularly difficult point because there is a player who says 'I am the candidate'. This is clearly a problem.He thinks he is the candidate who can unite the country but, as an observer, it doesn't seem likely to me. I urge him to have a flexible position and to be open to other candidates."

Il Corriere della Sera, per solidarietà con lo stile carnevalesco nazionale, aggiunge quell’ironia che sempre sfoggia in queste circostanze il “manovale” della Farnesina: “Il negoziato è a un punto di particolare difficoltà. C'è un protagonista che ritiene di essere in grado di unire il Paese. Come osservatore non mi sembrerebbe. Lui dice di avere dalla sua i sondaggi... ho avuto un'immagine che ho allontanato subito da me”.

Riferendosi con una battuta al leader dell’opposizione italiana, il ministro degli esteri ha fatto inconsciamente un accostamento neanche troppo azzardato tra la situazione politica in Libano ed in Italia. Il dibattito sulla nuova legge elettorale, la voglia di dare una “spallata” al governo, un governo in bilico in quanto a numeri, disagio sociale che sfocia con violenza nelle strade, un’opposizione compatta che comincia a sfaldarsi,...Mi sono perso, di chi stavo parlando, dell’Italia o del Libano?

Non importa.

Resta il fatto che “come osservatore” della situazione in Libano, le parole sarcastiche pronunciate durante il viaggio “diplomatico” dal ministro degli esteri italiano sembrano un po’ fuori luogo nella caotica situazione libanese di questi giorni. Sarebbe meglio gettare acqua sul fuoco più che portare acqua al proprio mulino. Le acque del mare libanese sono agitate, e se qualcuno lo ha dimenticato, sono ancora disastrosamente contaminate dall'olio fuoriuscito dallo stabilimento di Jiyyeh dopo i bombardamenti israeliani del 2006. Quindi occhio a non scivolare sull'acqua.

Tutti intanto sembrano ottimisti.
D’Alema ottimista, Cousseran ottimista, Ban Ki-Moon ottimista, Hariri ottimista, Berri ottimista.
Ma i libanesi sono così ottimisti?

Sono due le categorie principali di libanesi che emergono in questi giorni.

Una è quella della libanese paranoica-schizofrenica che attraverso sms, televisione, giornali, web e voci di strada, a qualsiasi ora del giorno e della notte, deve assolutamente sapere com’è andato l’ultimo incontro tra quel deputato dell’opposizione che ha contatti nella maggioranza ed il rappresentante della lega degli elettricisti locali che ha vincoli familiari con un membro di un comitato vicino alle posizioni del clero. Questa libanese, più che sapere che cosa si sono detti, perchè non è mai pubblicamente dato sapersi, vuole sapere se è stato un incontro positivo o negativo. Questa libanese deve decidere se assumere una posizione ottimista o pessimista.

L’altra libanese, chiaramente agli antipodi, è quella che quando sente la parola “siassia”, politica, grida convulsamente e pone il veto radicale a qualsiasi argomento che tocchi il tema della politica. È impresa ardua in Libano, ma se questa persona sfoggia tutto il suo carisma, può conseguire nell’intento. Non vuole sapere assolutamente niente di quello che succede attorno, soprattutto perchè non interessata nelle diatribe fra il re di picche ed il fante di bastoni, o nell’ultima posizione che ha assunto il jolly.

In mezzo a questi due libanesi ci sono i media locali che, dopo che il patriarca Sfeir ha emesso la lista per entrare a Baabda la prossima settimana, si stanno sbizzarrendo con i nomi dei suoi componenti. Per fortuna sono solo maroniti, altrimenti sarebbe stato impensabile scandagliare il ventaglio di possibilità possibili.

Nassib Lahoud, Boutros Harb, Michel Aoun, Robert Ghanem, Joseph Tarabay, Demianos Qattar, Michel Khoury, Michel Edde, Riad Salame, Michel Suleiman. Ok, mettiamoci anche Chibli Mallat.
Personalità carismatiche, figure pubblicamente sconosciute, condottieri epici, eterni candidati ed impavidi contabili.

Nei prossimi giorni uno di loro si presenterà all’entrata del “Super Baabda Disco” ed infilerà compiaciuto la fila speciale per le liste, tra gli sguardi estasiati ed invidiosi dei normali avventori del locale, in coda da mesi. “Nome della lista, please?” “Lista patriarca”, risponderà. “Nome?” “Maroon + 18”. “Madamoiselle, ci sono tutti! Accompagni i signori al tavolo 4, e porti una bottiglia dello champagne più costoso. Dobbiamo celebrare il nuovo proprietario del locale! Ah, scusi. Prima di entrare, vorrei ricordarle che ci sarà altra gente seduta al suo tavolo. Sono i nostri azionisti locali ed alcuni partner stranieri che hanno investito sul locale, cerchi di essere compiacente con loro. Non sarebbe qui senza di loro. Scusi, ma non starà pensando di essere lei il festeggiato di questa serata?”