venerdì 16 dicembre 2005

Niente lacrime, Gebran non è morto, An-Nahar proseguirà”

Nella notte di venerdì, nella città di Balbeck, un esponente provinciale di Hezbollah, è sfuggito ad un attentato esplosivo che avrebbe sicuramente messo fine alla sua vita. Nessuna rivendicazione, ma la “resistenza islamica” ha subito accusato i servizi segreti israeliani di essere dietro tale atto. Sabato pomeriggio un lavoratore, tornando a casa nelle montagne dello Chuf, e sulla stessa strada che conduce al palazzo della Moukhtara, casa del leader druso Walid Joumblatt, ha ritrovato ai bordi della strada quattro lanciagranate pronti per essere collegati ad un detonatore. Il fatto che la strada fosse stata controllata il giorno precedente dalle forze di sicurezza, lascia pensare che l’esplosivo fosse stato posizionato la mattina stessa. Joumblatt, uno dei leader dell’opposizione antisiriana, non ha tardato in lanciare accuse verso i “servizi corrotti di paesi limitrofi”. Domenica, in un’intervista per una televisione russa, il presidente siriano Bashar Al-Assad, in attesa del rapporto ONU del giorno successivo, ha dichiarato che la instabilità in Iraq ed in Siria provocherà disordine in tutta la regione; parole che sono suonate funeste per molti.

Contemporaneamente Gebran Tueni, direttore del giornale libanese An-Nahar, uno dei promotori della cosiddetta “rivoluzione dei cedri”, una voce importante contro l’ingerenza siriana in Libano, arriva all’aeroporto di Beirut, dopo un lungo periodo di “auto-esilio” in Francia per paura di un attentato ai suoi danni.

A distanza di poche ore, lunedì mattina, mentre si dirigeva verso la redazione del suo giornale, chissà proprio per coordinare l’uscita del giorno seguente, con articoli pungenti sul coinvolgimento di alte sfere siriane nell’omicidio dell’ex Primo Ministro Hariri, più di 100kg di esplosivo hanno distrutto il suo fuoristrada blindato, catapultandolo giù per una scarpata, uccidendo con lui altre tre persone, tra cui le sue due guardie del corpo personali.

Ancora lunedì, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha reso noto il rapporto redatto dal procuratore Dethlev Mehlis, in cui, nonostante niente di particolarmente nuovo sia scaturito negli ultimi mesi, si consiglia vivamente al governo siriano di mettere sotto custodia ed a disposizione della commissione i presunti implicati nell’inchiesta. Dal “lontano” 25 settembre, giorno in cui May Chidiac, la presentatrice della televisione LBC fu vittima di una bomba collocata all’interno della sua automobile, lasciandola per sempre mutilata, che non si verificavano atti di una tale violenza e di una tale forza destabilizzante. Sicuramente Gebran Tueni faceva parte della famosa lista nera di cui molti parlarono, ma di cui solo si possono presumere i nomi.

Tutti sembrano indicare, dentro e fuori dal Libano, che i servizi segreti siriani, ancora forti in Libano, siano dietro tale attentato; ma come non cercare di guardare dietro ad un teorema tanto semplicistico che ha tutta l’apparenza di concentrare maggiormente l’attenzione sulla Siria, e sembra un tentativo di suicidio politico? Tutte le forze internazionali stanno puntando l’indice contro la Siria, di certo non migliorando la sua situazione di fronte alla comunità internazionale. Si aspetta solo di convincere Russia e Cina a non usare il loro diritto di veto nel caso di una decisione del Consiglio di Sicurezza a favore di sanzioni economiche nei confronti dello stato siriano.

Alla luce di questi fatti concatenati, sembra che l’unico obiettivo reale sia quello di creare tensione, ma chi giovi un Libano destabilizzato ed una generale tensione in Medio Oriente, è una risposta di non facile interpretazione. Intanto un altro giornalista libanese se ne va, e di lui rimangono soltanto le ultime immagini e parole scritte dalle colonne del suo giornale. Nelle piazze della capitale, assistendo alle moltitudinarie manifestazioni cittadine; con una simbolica penna in mano dopo l’uccisione del compagno di redazione Samir Kassir, anch’egli vittima di una bomba ignota, a dimostrare il supporto per la libertà d’espressione; o ancora sorreggendo verso gli ultimi metri la bara del suo ex compagno. Il padre Ghassan Tueni, ha confermato che An-Nahar proseguirà col suo lavoro, nonostante i tentativi di decimarlo, ed “Il Giorno” continuerà, quasi a parafrasare inconsciamente una delle poco attendibili rivendicazioni ricevute, a nome dei Combattenti per l’Unità e la Libertà del Levante, che dichiararono di avere trasformato “il Giorno” in una cupa notte.

Ultimamente Gebran era uno di quelli che maggiormente avevano alzato la voce, invocando un tribunale internazionale per il Libano, in seguito alla scoperta di “fosse comuni” contenenti cadaveri di soldati libanesi, riconducibili al periodo della famosa guerra di liberazione nazionale, che vide opposto il generale Aoun e le truppe siriane. Proprio in quell’occasione, poco più di una settimana fa, si era rivolto al Presidente della Repubblica libanese Emile Lahoud, indicandolo come unico responsabile di quegli atroci atti, essendo egli capo delle forze armate nel momento in che accaddero tali eventi.