domenica 15 maggio 2005

I ciliegi maturi di Muhammad e le “Fattorie di Shebaa”: specchio dell'incerto futuro libanese

Con il ritiro delle truppe siriane è sempre acceso il dibattito su quest'area, che vede come protagonisti Hezbollah, Iran, Siria, Israele e comunità internazionale. Una zona da venti anni disabitata, ma che rappresenta uno dei principali punti di forza per la resistenza anti-israeliana in Medio Oriente...

Muhammad sta smottando il terreno nel suo campo di Shebaa, attorniato da ciliegi quasi maturi e rigagnoli d'acqua, una cittadina di un migliaio di abitanti prossima alla linea Blu tracciata dalla Nazioni Unite dopo il ritiro israeliano dal Libano nel 2000, ed alle omonime Mazrah Shebaa, un agglomerato di quattordici fattorie occupate dall'esercito israeliano.

"Al tempo dei francesi c'era rispetto per l'agricoltura e la natura, c'erano degli incentivi, ora tutto è andato perso, nemmeno le rondini si fermano più a passare la stagione qui". Quest'uomo di 75 anni ha sempre vissuto qui, e tutta la vita ha lavorato la terra e pascolato bestiame, ha assistito al periodo del Mandato francese, all'arrivo dei siriani, la resistenza palestinese del 1967 e la conseguente occupazione israeliana, fino alla guerriglia dell'esercito popolare di Hezbollah negli ultimi anni. Muhammad ha una memoria lucida nel raccontare gli avvenimenti relativi al suo villaggio ed alle fattorie che un tempo coltivava.

La questione delle Mazrah Shebaa, le Fattorie di Shebaa, un'area di 25 km quadrati sul versante occidentale del monte Hermon, è un intreccio di interessi strategico-militari, dispute su sorgenti d'acqua, strascichi della guerra arabo-israeliana e giochi di potere che attanagliano il Libano fin dai primi anni della sua esistenza, in cui anche in questo caso a farne le spese è la popolazione locale. Lo Stato libanese, e soprattutto Hezbollah, con l'appoggio di Siria e Iran, rivendica questi territori come propri, mentre Israele e le Nazioni Unite dichiarano la sua appartenenza ai siriani, come le vicine alture del Golan, ancora sotto occupazione militare israeliana dopo la guerra del 1967.

Le sette postazioni logistico-militari israeliane, dai picchi delle varie montagne in cui sono installate, con i suoi grandi radar e ripetitori, sovrastano l'intera area occupata, e sono ben visibili dal territorio libanese. La leggenda vuole che Abramo, ancora incredulo dell'esistenza di Dio, sia salito su una di queste montagne, e dopo aver rilasciato un uccello che aveva fra le mani, questo si tramutò in quattro splendidi uccelli, tornando poi solitario tra le sue mani, e togliendogli ogni scetticismo, dice Muhammad.

"Io sono libanese, la mia carta d'identità è libanese, i miei figli e i miei nipoti sono nati qui ed ora stanno tutti a Beirut perché qua non c'è lavoro e non si può studiare…certo che le mazrah sono libanesi, tutte e quattordici, ogni famiglia qui a Shebaa ne aveva una in proprietà ed alcune erano divise tra più famiglie, ci trasferivamo là d'inverno, per cinque o sei mesi, perché il clima era migliore e qui faceva troppo freddo." Con la mano indica l'altro versante della montagna.

"In estate invece andavamo e tornavamo, era un'ora di cammino a dorso di mulo, là ci sono i ciliegi come qua, ma il clima è più secco, il terreno è ancora più duro e c'erano principalmente ulivi e fichi d'india."

La situazione non cambiò sostanzialmente fino al 1967, quando durante la guerra arabo-israeliana, questi ultimi occuparono il territorio facendo indietreggiare i siriani. "Sono rimasto fino al 1970, anche perché la resistenza ci incoraggiava a non abbandonare le terre, ma poi la situazione è diventata insopportabile, eravamo continuamente tra due fuochi ed eravamo vittime di bombardamenti e rappresaglie, e poi c'erano mine dappertutto. Così ce ne siamo tornati stabilmente a Shebaa città e fino al 1975 andavo e venivo in giornata, per coltivare un po' la terra e pascolare, ma dovevo fare attenzione agli israeliani, per tre o quattro volte mi hanno portato in Israele per qualche giorno, e mi facevano un mucchio di domande sui fedayin.

"Nel 1975 Israele chiuse definitivamente l'accesso all'area, da quel momento nessuno ha saputo più niente, e gli israeliani nemmeno hanno proposto la cittadinanza ai suoi abitanti, come fecero nelle confinati alture del Golan. "Nel 2000 ci aspettavamo che se ne andassero anche dalle fattorie, ma la speranza fu inutile ed i combattimenti si fecero invece quotidiani."

Da quando, infatti, nel maggio del 2000 l'esercito israeliano cominciò il ritiro dal Libano, occupato durante la guerra civile, si incrementarono gli attacchi della resistenza libanese, di Hezbollah principalmente. Proprio non lontano da Shebaa, sulla linea blu controllata dalla forza multinazionale dell'UNIFIL, in un'operazione militare, celebrata sul luogo con tanto di cartelli con didascalie in inglese e foto, Hezbollah catturò tre soldati israeliani, i cui corpi furono restituiti poi al governo israeliano nell'ambito di uno scambio di prigionieri, che comprese anche l'ex colonnello israeliano Elhanan Tannenbaum sequestrato alcuni anni prima.

Tuttavia, in questa città tendenzialmente sunnita, la presenza visiva di Hezbollah è pressoché assente, ed anche dell'esercito nazionale libanese, e per gli stretti vicoli che la percorrono sono affissi solo poster dell'ex primo ministro Rafiq Hariri, assassinato lo scorso febbraio a Beirut, cui si affiancano solo alcune sporadiche e sbiadite foto dello sceicco Yassin, defunto capo spirituale di Hamas.

"Io non li vedo, e se li vedo faccio finta di niente, a me interessa solo il mio lavoro, ma comunque li rispetto per quello che fanno, qua lo Stato libanese non esiste, non si è mai interessato di noi, solo quando gli faceva comodo per qualche loro interesse"

Attualmente non si verificano episodi di particolare rilevanza, ma il conflitto rimane latente, e la questione delle fattorie di Shebaa è diventata di vitale importanza nelle discussioni sul "nuovo" Libano, dopo che la Risoluzione 1559 delle Nazioni Unite ha sancito tra le altre cose il disarmo dell'esercito del "Partito di Dio", ed il ritiro totale delle truppe siriane. La rivendicazione di questa area, con l'appoggio di Siria ed Iran, è uno dei punti di forza di Hezbollah per continuare la resistenza contro il nemico israeliano, secondo un'ottica più regionale che nazionale, anche se numerosi esponenti dello Stato libanese e dell'opposizione ne appoggiano la liberazione.

La Siria afferma di aver ceduto allo Stato libanese, questo territorio in modo informale nel 1951, entrambi gli Stati hanno presentato all'Onu cartine geografiche che lo evidenziano, ma nonostante tutto il ritiro di Israele dal Libano è stato considerato totale dalla comunità internazionale.

"Io del 1951 non ricordo niente", dice Muhammad, "so solo che nel 1958 arrivarono i militari siriani e cominciarono a chiederci dei soldi, ed a prenderci i vestiti, ma poi abbiamo resistito e ci siamo autogovernati, almeno fino al 1967 con l'occupazione israeliana". Muhammad dice che protestarono e portarono i documenti di proprietà delle terre al governo libanese, ma questi "li perdettero" e gli dissero che "ora non valevano più i vecchi contratti, e che molti siriani avevano acquistato le terre…ma lì non c'erano altri contadini e quindi la coltivavamo noi ugualmente".

Le Mazrah Shebaa sono sempre state un territorio utilizzato dai vari governi in un gioco di rivendicazioni, il cui interesse è ben lontano dall'essere la reale liberazione totale del suolo libanese. A pagare le conseguenze di questo gioco fatto di minacce latenti e provocazioni reciproche, è la stabilità di quello che sarà il Libano che uscirà dalle future elezioni nazionali. In un paese in cui già cominciano le prime scaramucce fra le opposte fazioni, dove nei discorsi di alcuni esponenti politici si respira aria di ritorsioni anti-siriane, si discute "clientelisticamente" sull'adozione del modello di legge elettorale da adottare, e si fanno futili dichiarazioni sulla possibilità di dare diritto di voto ai turisti arabi in vacanza in Libano, il futuro si presenta particolarmente incerto.

Intanto, mentre si assiste al trionfale ritorno del ex colonnello Michel Aoun dal suo esilio di quindici anni in Francia ed è pronta l'amnistia a favore di Samir Geagea, leader delle Forze Libanesi, paesi vicini come Iran ed Israele, occupando il posto riservato alla Siria, cominciano a prendere posizioni aperte sul nuovo Libano. La questione di Shebaa, in questo groviglio geopolitico, rimane aperta e la soluzione non sembra decisamente prossima.

"Sì, forse torneremo alle nostre fattorie, ma solo quando ci sarà un vero Stato libanese" dice Muhammad con rammarico, " perché gli arabi sembra che non esistano, se no perché avrebbero dovuto combattere continuamente fra di loro per tutti questi anni?"