domenica 11 giugno 2006

Libano. "Panem et circensem!"

A poche ore dall’apertura delle danze del mondiale di calcio in terra tedesca, per le strade di Beirut impazzano e sfrecciano già automobili con piccole bandiere rettangolari su lunotti ed antenne, con i colori delle squadre del cuore. Se lo scettro della squadra più gettonata se lo contendono Brasile, Germania ed Italia, di certo non mancano quelle di Francia, Argentina ed Inghilterra, anche se in secondo piano, e ,più sporadicamente, quelle di Spagna ed Arabia Saudita.

Il Libano non si è qualificato per i mondiali e la Tunisia “arabo-brasiliana” non attira proprio i gusti esotici dei libanesi. Le strade che percorrono il paese sono decisamente tempestate di immense bandiere internazionali, arrivando agli estremi di vedere penzolare tra un palazzo e l’altro enormi drappi di decine di metri, da far rabbrividire gli animi dei meno nazionalisti. Bandiere che in un contesto italiano o tedesco farebbero rizzare i peli a più di una persona. La passione per le bandiere da parte dei libanesi è rinomata, ed è difficile dimenticare la marea di bandiere libanesi che invasero le piazze nella Primavera del 2005. C’è da chiedersi se, considerata la grande diaspora libanese nel mondo, sia questa una dimostrazione di affermazione multi-identitaria e frutto dell’era della globalizzazione. Si dice invece che l’attaccamento ai colori tedeschi sia dovuto alle belle e fiammanti autovetture made in germany che sfrecciano per le strade della capitale; quello all’Italia “perchè Libano ed Italia sono così simili, in entrambi i paesi c’è la passione per l’apparenza”; ed al Brasile per i 14 milioni di libanesi che vivono là in quelle terre... Mentre già circolava per la città, nelle scorse settimane, lo spettro di un aumento mensile del costo per assistere alle partite del mondiale (di cui bisogna ricordare che è un sistema pirata), il governo libanese ha deciso di rimboccarsi le maniche e regalare ai suoi “cittadini” un mondiale gratuito e senza patemi da portafoglio!

Il governo, nelle persone del Ministro delle Telecomunicazioni Marwan Hamade e quello dell’Informazione Ghazi Aridi, si sono così prostrati a far da tramite tra la catena saudita ART, proprietaria dei diritti televisivi, e gli illegali fornitori locali del cavo satellitare. Per una somma di 500mila dollari, che i fornitori dovranno versare ad ART, nessun cittadino dovrà spendere nemmeno 1000 lire libanesi in più.

Tutto bene è quel che finisce bene.

Forse però bisognerebbe ricordare la situazione di un paese che negli ultimi dieci giorni ha assistito ad un’escalation della tensione sia interna che esterna, e che sta preoccupando non poco lo stato d’animo dei libanesi, che vedono lo spettro della guerra civile ricomparire a più riprese. Prima di tutto, i seri scambi d’artiglieria al confine meridionale, tra Israele ed Hezbollah la settimana passata (di cui molti giornali internazionali hanno dato notizia, ma senza troppo rimarcare sull’uccisione il giorno prima, con n’autobomba, di un rappresentante della Jihad Islamica palestinese, a Saida: nessuna rivendicazione). Quindi, la reazione della comunità sciita che, in seguito ad una parodia televisiva del loro leader indiscusso Hassan Nasrallah, nella notte di giovedì è scesa in strada partendo dalle banlieu del Sud, fino ad arrivare alla centralissima Rue Monot, seminando scompiglio nei quartieri attraversati dalla folla inferocita per l’oltraggio.

Qui le diverse versioni dei fatti si accavallano l’una all’altra, principalmente in conseguenza al ricovero in ospedale di Samy Gemayel, figlio dell’ex Presidente Amin, e di altri suoi compagni del movimento Loubnanouna. Si dice che per coincidenza si trovassero in quel momento in un locale poco distante e cercassero di salvare il quartiere cristiano dall’invasione sciita. Lo spettro, anche qui, degli episodi di teppismo susseguitisi nel quartiere cristiano d’Achrafiye, dopo l’assalto all’ambasciata danese del 5 febbraio, rimane vivo nella comunità cristiana di Beirut. Per una politica di ripartizione confessionale della libertà d’espressione, si è deciso anche nei giorni scorsi, di bandire il kolossal il Codice Da Vinci, sotto forte pressione dell’alto clero cristiano. Il sabato della stessa settimana invece, in piena ora di punta, sulla Corniche beirutina, si è registrato uno scontro a fuoco tra le automobili del figlio del Presidente Lahoud ed il figliastro di Walid Joumblatt, uno dei leader dell’opposizione. I testimoni affermano che semplicemente erano nate divergenze su chi doveva passare per primo allo scattare del semaforo verde: il rappresentante del Governo del 14 marzo o quello dell’opposizione pro-siriana dell’8 di Marzo. Nell’arena della politica libanese, a far da spartiacque fra le due coalizioni, sfortunatamente, solo pochissimi attori della società civile che non hanno la forza, l’appoggio ed i mezzi per avanzare un’alternativa più invitante ai cittadini libanesi ormai stanchi delle baruffe fra le diverse elite al potere.

Dopo la tempesta di bandiere libanesi della Primavera 2005, e con l’avvicinarsi dei prossimi mondiali, c’è da sperare che si formi una nuova elite che potrebbe scalzare il potere della vecchia guardia uscita dalla guerra civile e frutto del capitalismo sfrenato post-guerra: la nuova elite dei produttori di bandiere, uscita rafforzata dalla primavera di Beirut e dai mondiali di calcio in Germania...l’opzione di intervento tedesco nello scenario mediorientale si fa sempre più chiara...