lunedì 26 giugno 2006

Il Grande Orecchio Mediorientale

Nelle strade di Beirut spesso si vocifera e si scherza, durante normali conversazioni, quando una persona sfoggia notizie di corridoio ricevute da “fonti attendibili” o sembra che sia informato su tutti gli eventi che percorrono la città nel minimo dettaglio: “Anta mukhabarat eh?!”. Il termine si riferisce al famigerato apparato di servizi segreti statale, che in ogni paese arabo è spettro per tutti gli individui e voce di cosciente disciplina.
Un apparato che ancora oggi regge molti autocratici Stati arabi. In Libano, l’idea di mukhabarat è ancora relazionata con la Siria, che fino alla scorsa primavera, solo dopo il ritiro dal paese dei cedri, regnavano incontrastati nel panorama libanese e disponevano di una portentosa rete di informatori. Molti notano ora come sia cambiato l’atteggiamento delle persone, ben più predisposte a parlare in pubblico, senza grosse paure, di politica. Fino a poco più di un anno fa, era necessaria la presenza di fidati amici per fare certe esternazioni di carattere politico.

Ora, l’ultima domenica di maggio un’inaspettata breaking news svegliò i cittadini libanesi, pronti per trascorrere la giornata nelle spiagge del sud, le più rinomate in quanto a limpida acqua cristallina. Come risposta ad un missile lanciato dal Libano verso una postazione militare israeliana sul confine, gli aerei israeliani invasero lo spazio aereo libanese (cosa che comunque succede a cadenza settimanale) e bombardarono alcune postazioni di guerriglieri palestinesi a 15 km da Beirut, ed altre nella valle della Beeka. Una rappresaglia, quella israeliana, di una tale continuità e portata, da far tornare alla mente le incursioni precedenti la fine dell’occupazione nel 2000. La rappresaglia provocò la reazione delle milizie di Hezbollah, che si dichiararono estranei al precedente attacco, e che per l’intera giornata ingaggiarono un intenso combattimento con le forze israeliane al confine sud del Libano. Pochi mezzi di comunicazione occidentali misero in luce la possibilità che le scaramucce potessero essere strettamente relazionate con l’uccisione pochi giorni prima di un membro del gruppo palestinese della Jihad Islamica e di suo fratello, nella città di Sidone, con l’esplosione di un’autobomba azionata da un comando a distanza.
L’assassinio, spinse subito le autorità libanesi a puntare il dito contro il Mossad, i servizi segreti israeliani. Normalmente di fronte alla sindrome da persecuzione araba e le tesi cospirative, tanto in voga in occidente, i mezzi di comunicazione del vecchio continente tendono a soprassedere di fronte a tali congetture.

Gli strascichi di questi avvenimenti si protrassero per tutto il mese di giugno, fino a quando i servizi di sicurezza libanesi arrestarono in una cittadina del sud il presunto autore materiale dell’attentato ai danni dei fratelli Majzoub. Durante la perquisizione della sua casa s’incontrò materiale spionistico d’alta tecnologia, passaporti falsi e documenti compromettenti. Dalle indiscrezioni della stampa locale, sembra che l’uomo avesse ricevuto la bomba sotto forma di portiera di una Mercedes, raccolta in un porto minore del nord del Libano; l’unico suo compito sarebbe stato quello di sostituire la portiera e posizionare la macchina nel luogo prestabilito. In poche ore la persona arrestata confermò di aver ricevuto il materiale da parte dei servizi israeliani. Anche in questo caso i media occidentali evitarono nella loro quasi totalità di menzionare gli sviluppi di tale avvenimento.

Quello che più lascia perplessi, è che anche i quotidiani israeliani, sempre attenti di fronte alle azioni compiute dai propri servizi, abbiano in un certo modo tralasciato la notizia. L’unico quotidiano che chiese un’inchiesta governativa fu il Yediot Aharonot, mentre Haaretz pubblicò la notizia solamente come spalla alle incursioni nella striscia di Gaza dell’esercito.
E’ quindi difficile pensare che, dopo il ritiro “pacifico” dal Libano nel maggio del 2000, non siano ancora presenti sul territorio numerosi agenti, anche considerata l’importanza libanese nello scacchiere mediorientale. Così com’è difficile credere che con il ritiro siriano dell’aprile scorso, dopo un’occupazione di ventisette anni, non sia rimasta quella consistente rete d’informatori che lavorava nel paese. Intanto gli Stati Uniti ed Israele affermano con certezza la presenza dei servizi iraniani nelle zone del sud del Libano, in supporto logistico ad Hezbollah.

Gli apparati libanesi ancora non si sa come si siano schierati, e dal governo qualcuno fa la voce grossa dicendo che pochi giorni sono bastati per risolvere questo caso, mentre ancora niente si sa nulla delle innumerevoli bombe scoppiate in questo anno solare.
Di certo, e direi sicuramente, i servizi occidentali non sono tagliati fuori da queste dinamiche informative, ma il loro lavoro è certamente più sottile.
Le strade di Beirut sono inoltre invase da guardie di sicurezza private e militari, intenti, a orario continuato, al controllo di ospedali, banche, ambasciate, consolati, catene internazionali ed a salvaguardare la libertà del cittadino. Uno scenario senza dubbio suggestivo per un paese con una popolazione pari a quella dell’Emilia Romagna. Un grande orecchio, ed un grande occhio, che farebbe invidia sia alle futuristiche fantasie del George Orwell di 1984, sia alle ipotesi grottesche del fumettista Alan Moore di V for Vendetta.

Nell’era della comunicazione le notizie viaggiano a velocità considerevole e per canali trasversali, sia a livello locale che globale, ma di certo ognuno fa uso delle informazioni che possiede a proprio piacere.