giovedì 21 dicembre 2006

Il farcito banchetto natalizio mediorientale

Numerose sono ormai le voci che tengono banco domandanosi se il Medio Oriente stia viaggiando verso una regionale guerra civile. Come primo, le quotidiane carneficine d’iracheni, che il passare del tempo non sembra arrestare. Un giorno le macabre statistiche giocano dalla parte degli sciiti, un giorno dalla parte dei sunniti. Come secondo, il Libano. Dopo aver assaporato l’indigesto antipasto estivo con la guerra contro Israele, ora con l’omicidio del ministro Pierre Gemayel e le “oceaniche” manifestazioni di piazza, è stato servito sul vassoio dei media internazionali l’idea di una prossima guerra civile. Per finire, i violenti scontri tra Hamas e Fatah, che hanno dato come unico frutto quello di innalzare la tensione nel sempre vivo calderone palestinese. Lotte intestine le chiamano. In pieni tempi di pax natalizia. Festività natalizie che rappresentano solo un agrodolce contorno.

Le comunità cristiane del Medio Oriente, in Giordania, in Palestina, in Iraq, ma soprattutto in Libano, la culla dei cristiani mediorientali, non sembrano però perdersi d’animo. La sensazione che si respira in Libano ne è un esempio. Due blocchi politici contrapposti che si fronteggiano, per ora, solo a parole. La comunità cristiana rappresentata con pari forze in entrambe le parti. Centro città della capitale che è invaso stabilmente da centinaia di manifestanti da una parte, e forze militari dall’altra, divisi da gomitoli di attorcigliato filo spinato. Ma il centro città di Beirut è anche il luogo che per eccellenza rappresenta la fama del Libano come paese dei servizi. Negozi, ristoranti di lusso, bar sgargianti, hotel e zona pedonale per il passeggio. Normalmente una pioggia di dollari cade sui negozianti in questo finale di stagione. L’atmosfera quest’anno è però molto più surreale e non sono molti quelli che azzardano l’apertura nel mezzo di questo trambusto politico. Ecco allora innalzarsi gli attacchi contro i manifestanti “che non permettono ai libanesi di attendere la nascita di Gesù con la giusta tranquillità”, ecco che “i nostri bambini non potranno vivere il Natale con pace e serenità”. Voci di politici e gente comune, cristiani e musulmani.

Beirut però ha ormai acquisito la capacità di creare amnesiaci compartimenti stagni, immuni dai problemi politici che la perseguitano. Si riesce così ugualmente a respirare un’atmosfera natalizia sia nelle zone cristiane, sia in quelle musulmane. Con un costume, quello dell’albero di Natale, che ormai trascende le religioni. Anche tra le centinaia di tende che assediano nel centro città il palazzo del governo, si consuma una parte del Natale libanese. Una buona parte dei manifestanti è cristiana. Già dai primi giorni del sit-in, che si è caratterizzato da subito per essere “open-ended”, senza fine, i manifestanti, oltre a portarsi tende, televisioni, radio e coperte, hanno cominciato velocemente a decorare il “giardino di casa”. Le tende dei partiti cristiani si sono subito adornate di lucine multicolori ed i pochi alberi del centro città sono stati ricoperti di palline colorate. Ma come la bandiera del partito cristiano sceso in piazza è arancione, le palline che li ornano non potevano che essere rigorosamente di questo colore. Anche il tradizionale berretto rosso con pon-pon bianco, vuoi la coincidenza natalizia, ha assunto uno sfolgorante colore arancione, ed i manifestanti sembrano indossarlo compiaciuti. Negli ultimi giorni un altissimo abete metallico è stato eretto, fra gli applausi generali, nel bel mezzo dell’accampamento dell’opposizione. Azione e reazione. I partiti governativi hanno risposto esponendo, dalla parte opposta alla piazza dei manifestanti, un numero di abeti pari ai martiri della rivoluzione del 2005.

Fa capolino un abete adornato di sole palline bianche, il colore del partito cristiano falangista, storico antagonista degli arancioni. La condizione natalizia sta esaltando il disaccordo attuale all’interno della comunità cristiana libanese. Un dissidio portato agli estremi dai loro leader, perlopiù capi di storiche famiglie libanesi. Nel mezzo, timidi tentativi per ritornare al tavolo delle trattative ed il Patriarca cristiano-maronita che cerca di evitare la fitna, la discordia, all’interno della comunità. Complicato. Alberi, palline colorate, tavole imbandite, commensali discutendo, folle in strada, e divergenze “famigliari” all’interno della comunità. Tutti gli ingredienti di un tradizionale Natale. Mancano ancora i regali. Poi si aspetterà bramosamente di vedere a chi la Befana destinerà il carbone nero...