domenica 18 novembre 2007

Tutti in lista!

Conoscendo, non personalmente fortunatamente, l’irascibilità del generale più famoso del Libano, credo proprio che le parole rilasciate sabato da Massimo D’Alema durante la sua visita a Beirut, abbiano non poco alterato il comandante delle “truppe” arancioni di Rabieh.

Come se non fosse già abbastanza propagato in Libano e nella regione il profilo napoleonico di Aoun, ci volevano solo le parole di D’Alema per lanciarlo nel mondo globalizzato. Il nostro generale avrà pensato ieri notte prima di spegnere la luce della sua stanza, che forse ormai sarebbe meglio cambiare il proprio profilo napoleonico in uno più donchisciottiano, ed intraprendere già dall’indomani una epica lotta contro i temuti mulini a vento.

La Reuters riporta così le parole di Massimo D’Alema: "The negotiations are hitting a particularly difficult point because there is a player who says 'I am the candidate'. This is clearly a problem.He thinks he is the candidate who can unite the country but, as an observer, it doesn't seem likely to me. I urge him to have a flexible position and to be open to other candidates."

Il Corriere della Sera, per solidarietà con lo stile carnevalesco nazionale, aggiunge quell’ironia che sempre sfoggia in queste circostanze il “manovale” della Farnesina: “Il negoziato è a un punto di particolare difficoltà. C'è un protagonista che ritiene di essere in grado di unire il Paese. Come osservatore non mi sembrerebbe. Lui dice di avere dalla sua i sondaggi... ho avuto un'immagine che ho allontanato subito da me”.

Riferendosi con una battuta al leader dell’opposizione italiana, il ministro degli esteri ha fatto inconsciamente un accostamento neanche troppo azzardato tra la situazione politica in Libano ed in Italia. Il dibattito sulla nuova legge elettorale, la voglia di dare una “spallata” al governo, un governo in bilico in quanto a numeri, disagio sociale che sfocia con violenza nelle strade, un’opposizione compatta che comincia a sfaldarsi,...Mi sono perso, di chi stavo parlando, dell’Italia o del Libano?

Non importa.

Resta il fatto che “come osservatore” della situazione in Libano, le parole sarcastiche pronunciate durante il viaggio “diplomatico” dal ministro degli esteri italiano sembrano un po’ fuori luogo nella caotica situazione libanese di questi giorni. Sarebbe meglio gettare acqua sul fuoco più che portare acqua al proprio mulino. Le acque del mare libanese sono agitate, e se qualcuno lo ha dimenticato, sono ancora disastrosamente contaminate dall'olio fuoriuscito dallo stabilimento di Jiyyeh dopo i bombardamenti israeliani del 2006. Quindi occhio a non scivolare sull'acqua.

Tutti intanto sembrano ottimisti.
D’Alema ottimista, Cousseran ottimista, Ban Ki-Moon ottimista, Hariri ottimista, Berri ottimista.
Ma i libanesi sono così ottimisti?

Sono due le categorie principali di libanesi che emergono in questi giorni.

Una è quella della libanese paranoica-schizofrenica che attraverso sms, televisione, giornali, web e voci di strada, a qualsiasi ora del giorno e della notte, deve assolutamente sapere com’è andato l’ultimo incontro tra quel deputato dell’opposizione che ha contatti nella maggioranza ed il rappresentante della lega degli elettricisti locali che ha vincoli familiari con un membro di un comitato vicino alle posizioni del clero. Questa libanese, più che sapere che cosa si sono detti, perchè non è mai pubblicamente dato sapersi, vuole sapere se è stato un incontro positivo o negativo. Questa libanese deve decidere se assumere una posizione ottimista o pessimista.

L’altra libanese, chiaramente agli antipodi, è quella che quando sente la parola “siassia”, politica, grida convulsamente e pone il veto radicale a qualsiasi argomento che tocchi il tema della politica. È impresa ardua in Libano, ma se questa persona sfoggia tutto il suo carisma, può conseguire nell’intento. Non vuole sapere assolutamente niente di quello che succede attorno, soprattutto perchè non interessata nelle diatribe fra il re di picche ed il fante di bastoni, o nell’ultima posizione che ha assunto il jolly.

In mezzo a questi due libanesi ci sono i media locali che, dopo che il patriarca Sfeir ha emesso la lista per entrare a Baabda la prossima settimana, si stanno sbizzarrendo con i nomi dei suoi componenti. Per fortuna sono solo maroniti, altrimenti sarebbe stato impensabile scandagliare il ventaglio di possibilità possibili.

Nassib Lahoud, Boutros Harb, Michel Aoun, Robert Ghanem, Joseph Tarabay, Demianos Qattar, Michel Khoury, Michel Edde, Riad Salame, Michel Suleiman. Ok, mettiamoci anche Chibli Mallat.
Personalità carismatiche, figure pubblicamente sconosciute, condottieri epici, eterni candidati ed impavidi contabili.

Nei prossimi giorni uno di loro si presenterà all’entrata del “Super Baabda Disco” ed infilerà compiaciuto la fila speciale per le liste, tra gli sguardi estasiati ed invidiosi dei normali avventori del locale, in coda da mesi. “Nome della lista, please?” “Lista patriarca”, risponderà. “Nome?” “Maroon + 18”. “Madamoiselle, ci sono tutti! Accompagni i signori al tavolo 4, e porti una bottiglia dello champagne più costoso. Dobbiamo celebrare il nuovo proprietario del locale! Ah, scusi. Prima di entrare, vorrei ricordarle che ci sarà altra gente seduta al suo tavolo. Sono i nostri azionisti locali ed alcuni partner stranieri che hanno investito sul locale, cerchi di essere compiacente con loro. Non sarebbe qui senza di loro. Scusi, ma non starà pensando di essere lei il festeggiato di questa serata?”