venerdì 21 settembre 2007

L'Ottavo Martire



Manciate di riso volano sulle teste dei partecipanti al corteo funebre che saluta per l’ultima volta l’ennesimo martire della maggioranza del 14 marzo, Antoine Ghanem, morto assieme alle sue due guardie del corpo, vittime senza scampo della bomba che mercoledì pomeriggio ha dilaniato il quartiere cristiano di Sin el Fill.

Non è stata quella moltitudine sperata e programmata dalle forze della maggioranza, ma ugualmente impattante alla vista. Il feretro, procedendo dall’ospedale Libano-Canadese situato nei pressi dell’attentato sanguinario, ha attraversato lo spettrale quartiere di Furn el Chebbak, che si presentava con le saracinesche abbassate in tutti i negozi e centinaia di poster raffiguranti il deputato del Kataeb Antoine Ghanem e le sue guardie del corpo. Quartieri che sono feudo popolare cristiano per eccellenza, la cui prossimità all’infame “Green Line” della guerra civile ha fatto pagare un caro prezzo agli abitanti di queste aree.

Non tutti i manifestanti arriveranno però fino al quartiere di Badaro, per assistere alla commemorazione funebre celebrata alla chiesa maronita del Sacro Cuore.
Salta all’occhio che non c’è in questo offuscato venerdì di settembre la stessa massa che ha salutato Walid Eido, vittima in giugno di un simile attentato, né tanto meno quella massa oceanica che lo scorso novembre ha accompagnato il corpo defunto di Pierre Gemayel nella centrica Piazza dei Martiri.
Questione di importanza della vittima, o forse di stanchezza da parte di quei libanesi che hanno, da quasi tre anni a questa parte, già assistito ad otto “funerali politici”.



A salutare Ghanem fino al termine della cerimonia rimangono principalmente politici, giornalisti, guardie di sicurezza e l’esercito nazionale. I membri del 14 marzo sono quasi tutti presenti, Hariri, Geagea, Jumblatt, Atallah, Hamadeh,..., quelli assenti lo avranno seguito probabilmente dalla hall del “full-booked” Hotel Phoenicia sulla Corniche beirutina, riservato dalla maggioranza per i prossimi due fatidici mesi per motivi di sicurezza.

Tra il pubblico ci sono, i giovani del Kataeb, che hanno preceduto il corteo marciando a passo cadenzato ed a suon di musica da parata militare, ragazzi e ragazze indistintamente.
E poi i giovani drusi del PSP ed i seguaci delle Forze Libanesi, un tempo branca del Kataeb. I giovani del Mustaqbal, la fazione sunnita liderata da Hariri, sono presenti solo con una bandiera, come l’altro gruppo sunnita, i Murabitun, antica milizia che durante la guerra civile ha mantenuto per lungo tempo coi palestinesi il dominio di Beirut Ovest. Trentuno anni fa questi gruppi combattevano ferocemente l’uno contro l’altro nella celebre e mediatica “guerra degli hotel”, nei pressi della corniche. Ora manifestano assieme, i nemici sono cambiati e l’obiettivo comune è quello di eleggere un nuovo presidente che sfugga alle manipolazioni siriane e completi l’intifada al istiqlal del 2005, come abitualmente affermano i membri del 14 marzo.



Proprio dall’hotel sulla Corniche i parlamentari del 14 marzo si sposteranno martedì prossimo al vicino Parlamento per cercare di eleggere il nuovo presidente della repubblica libanese.
Difficilmente riusciranno nell’intento così velocemente, ed alla prima sessione programmata. Il dibattito, se nel bel mezzo di omicidi politici si può ancora parlare di dibattito, è fra l’elezione di un presidente di consenso, opzione caldeggiata dall’opposizione, ed uno eletto per maggioranza semplice, sostenuta apertamente tra le file del 14 marzo dal leader druso Jumblatt e da Samir Geagea.
Termine ultimo sarà il 24 novembre, giorno in cui l’invisibile presidente Lahoud dovrebbe uscire di scena, ed il 14 marzo, con una maggioranza ora striminzita di tre voti, potrebbe, coperto dalla Costituzione, promuovere il suo candidato. Ancora due mesi, molti per il Libano e pochi per risolvere una situazione che in questi giorni sembra che possa sfociare solo in un confronto armato o in un doppio governo.



L’omelia finisce poco dopo lo scoccare delle 13. Resta da celebrare l’ultimo tradizionale e ricorrente saluto per il nuovo martire Antoine Ghanem. La bara viene portata a braccio dai giovani del partito ed innalzata e scossa verso il cielo, nell’ultimo ballo di un competizione che sta appena cominciando, ma a cui Antoine Ghanem non potrà partecipare.