mercoledì 23 agosto 2006

Italy, je t’aime tantissimo!!!

Domenica scorsa, passeggiando tra le rovine dei suburbi di Beirut, Hassan, un amico libanese, mi ha fatto notare la presenza di un parlamentare di Hezbollah tra le macerie degli edifici bombardati. Guardandolo bene, ho riconosciuto il volto di Hussein Haji Hassan. Ridacchiando, mi sono ricordato di quel “braccetto” birichino col ministro D’Alema, che tanto scalpore creò nell’opinione pubblica italiana. Così, ho provato a spiegare ad Hassan perchè quella foto provocò tanto scandalo e di come in Italia la critica alla politica dello stato ebraico spesso venga tramutata in un semplicistico e nocivo antisemitismo. Nel suo semplice e naturale stupore mi ha risposto che il parlamentare ha visitato tutti i giorni le zone bombardate. “E’ a contatto con la gente che soffre, è una buona persona, anche gli italiani sono buona gente. Quindi, cosa c’è di male?”. Non c’è dubbio che l’Italia abbia una buona reputazione in Libano, a volte è anche eccessivamente ed incomprensibilmente amata. La conoscenza di nuove persone in Libano comporta regolarmente l’affermazione “eh, si sa, italiani e libanesi si assomigliano proprio!”. Ormai sovrastato, annuisco e basta. Le marche italiane non hanno rivali e gli scaffali dei supermarket sono stracolmi di made in Italy. Perchè tutto questo “amore”? I più dicono che nel 1982, durante la guerra civile, la forza d’interposizione italiana si sia comportata egregiamente, abbia aiutato la popolazione locale e stretto sinceri legami con la gente. Ecco, di nuovo il contatto con le persone. Un valore che da queste parti significa molto, soprattutto se entri in un paese straniero con la divisa militare e le armi in pugno.

I libanesi hanno fiducia nell’Italia, e si sa che la fiducia è il primo passo per ogni buona relazione. In politica internazionale nessuno però fa niente per niente. L’Italia si vuole impegnare a fondo nel Libano, soprattutto per salvaguardare un partner economico fondamentale, ma anche per riacquistare spessore nell’area mediterranea. Il governo italiano sa perfettamente che si sta ingaggiando in una forza di pace che non ha l’obiettivo di disarmare Hezbollah. Allo stesso tempo sa che il “Partito di Dio” è un gruppo disciplinato, e non un gruppo terrorista composto da schegge impazzite, ma da membri fedeli alle direttive dei propri leader. Se gli italiani del contingente scenderanno in Libano carichi d’umanità e con fucili scarichi, e se nessuno si lancerà in destabilizzanti provocazioni, la forza di pace sarà trampolino di lancio per lo stato italiano nella regione. Forse, in un futuro prossimo, in quello slang libanese ora farcito di francese, inglese ed arabo, si potranno così incontrare anche espressioni come yalla ciao, Buongiorno, ca va? o Inchallah domani.